Mi è capitato di stare 10 giorni senza cellulare.
È stato un contrattempo, ma ho anche forzato un po’ la mano. Ma partiamo dall’inizio.
La mia relazione con il cellulare è sempre stata difficile.
Ricordo già col mio primo modello, alle medie, come passavo i pomeriggi
aspettando l’SMS dalla ragazza che mi piaceva. Poi crescendo, e con lo sviluppo
della tecnologia, ne sono diventato sempre più dipendente, fino a vivere per un
anno una relazione a distanza. Il cellulare era l'unico modo che avevo per sentire la mia ragazza,
ed era la prima cosa che facevo la mattina e l’ultima la sera. Portavo il
cellulare sempre con me, ovunque, quando non ce l’avevo mi saliva l’ansia. E se lei non mi rispondeva per mezz'ora mi preoccupavo. Ero
terrorizzato all'idea di perdere la connessione, di rimanere solo. Ero completamente dipendente dal mio cellulare.
Mi permetteva di essere vicino a lei, e mi permetteva di fuggire da dove ero io.
Ho sempre un po’ voluto buttarlo via. Dopo la fine di questa relazione
importante, non avevo più nessuna vera ragione per stare ore avanti al telefono,
e mi sono finalmente deciso a iniziato a utilizzarlo meno, un po’ per volta. Con
la quarantena, ho iniziato a lasciarlo a casa quando mi mettevo a leggere
sull’amaca. All’inizio sentivo l’impulso forte di andarlo a prendere, e arrivare
a stare 2 ore senza controllarlo per me era un traguardo.
Poi a Luglio ho fatto un viaggio importante, sono stato ospitato tre
settimane in una fattoria in Germania con un programma di WWOOFing (potete
trovare il video riassunto qui: https://youtu.be/xfAjh77Bxlo e la playlist
con tutti i video integrali: https://www.youtube.com/playlist?list=PL6FaWgDdRqXDhwpNxAm5LX6W6Hgq_LuQc .
| Il Wagen |
Nel Settembre successivo ho avuto modo di fare un altro viaggio fantastico, questa volta alla scoperta della Sicilia (video non ancora disponibile). Tra le mille avventure ho conosciuto Josef, una persona eccezionale, che si auto-definisce ricercatore libero, che è diventato un amico e un maestro. Ho passato con lui tre giorni veramente assurdi, e tra una cosa e l’altra mi ha raccontato di una volta che è stato per un mese intero senza il cellulare. Ha detto che a stare senza, si impara davvero a vivere.
Il mio cellulare deve aver sentito che non tirava un'aria buona, perché dopo meno di un mese, una mattina, ha smesso di funzionare. Era il 1° Ottobre. La mia reazione è stata circa "oh no ☹" mentre lo gettavo in fondo allo zaino, dove è rimasto per parecchio tempo.
All'inizio è stato tutto nuovo, ma dire “mi si è rotto il cellulare”
sembrava dare abbastanza spiegazioni a tutti.
Ovviamente però, non sarebbe stato sempre così semplice.
Problemi
Entro in biblioteca Walter Bigiavi a Bologna, e mi chiedono di scansionare un QR Code.
"Non ho il cellulare"
Silenzio.
Allora aggiungo: "è un problema?"
"Sì."
Per far fronte a questo cambiamento tutta la vita va leggermente riorganizzata, perché si può fare comunque
tutto senza cellulare, ma bisogna capire come.
Prima di tutto, è
necessario essere molto più organizzati. Non potendo chiamare o fare
ricerche su internet, nel momento in cui uscivo di casa la mattina dovevo già sapere
tutti i miei impegni e il mio tragitto fino alla sera, ed aver già stabilito
tutto, specialmente le attività che riguardano altre persone.
Senza cellulare non è
possibile organizzarsi all’ultimo, bisogna mettere ordine, e il modo
migliore per organizzare la realtà rispetto al tempo e portare della prevedibilità, è quello delle abitudini. La semplice ripetizione delle
stesse azioni. Per esempio: per riuscire a studiare con una mia compagna di
corso, ho dovuto stabilire che sarei stato in quella stessa biblioteca ogni giorno,
alla stessa ora e nello stesso posto, così lei poteva trovarmi. E questo mi ha costretto a organizzarmi, mi ha dato dei vincoli da rispettare, mi ha
spinto a essere responsabile di me stesso.
È necessario infatti anche prendere molte decisioni autonomamente. Quando non puoi aspettare la risposta degli altri, devi decidere da solo, e farlo cercando di incontrare tutti gli interessi. Bisogna necessariamente agire per istruzioni condizionali: “Se non ti vedo prima di X, allora farò Y”. Stabilire in anticipo le nostre reazioni a variabili che non controlliamo direttamente: creare relazioni (quasi) certe di causa effetto che sopperiscano all’incertezza data dalla difficoltà di comunicazione. Questo ovviamente non significa controllare gli eventi esterni, perché non è possibile, ma solo come noi ci comporteremo date determinate condizioni, che è ben entro le nostre capacità.
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| A volte mi annoiavo così tanto da disegnare |
Ci si annoia un
po’, per forza. Abituati a ritmi velocissimi, quando siamo costretti a fermarci,
ci annoiamo subito. Si scoprirà però presto che se costretti a
rallentare, ci si adatta facilmente, e anzi si vive meglio. Secondo me, una
delle principali cause di stress al giorno d’oggi è che non ci fermiamo
mai veramente. Anche quando non lavoriamo o studiamo, anche mentre aspettiamo
che la pasta bolla, siamo sempre in tutto un altro mondo a fare chissà cosa:
chattare, guardare video, comprare qualcosa. Ma questo richiede quasi
altrettanta attenzione. A volte fissare imbambolato il muro finché non senti
l’acqua che esce dalla pentola fa riposare davvero la mente. Fermarsi un
attimo a non fare niente, a riflettere, sovrappensiero, è fondamentale.
Le connessioni
ci danno sicurezza in cambio dell’indipendenza.
Per esempio senza
Whatsapp ti perdi tutta la rete di salvataggio che sono i gruppi. Di
solito per me funzionava che se c’era qualcosa di veramente importante da
sapere, qualcuno l’avrebbe scritto da qualche parte e prima o poi lo sarei
venuto a sapere. E infatti è successo che mi sono presentato in classe anche
quando non c’era lezione.
Riguardo una sicurezza
fisica, tutto quello che mi sento di dire è che siamo tutti troppo spaventati
per nessuna ragione. C’è un terrore pervadente verso il prossimo. Le persone
là fuori sono come noi, nessuno vuole farvi del male.
Una parte importante di
questo esperimento, come c'era da aspettarsi, è stato il sentimento di solitudine. Senza cellulare mi
sentivo un po' smarrito; spogliati delle conferme sociali siamo inevitabilmente soli.
O meglio: soli quanto prima, ma costretti a guardare la realtà in faccia.
All’inizio può essere pesante, ma significa che stiamo finalmente vedendo le
cose per come sono.
Parlando poi della
cosiddetta F.O.M.O. (Fear Of Missing Out), ovvero la paura di perdersi le cose
importanti che stanno accadendo, più che una paura diventa facilmente realtà.
Ho perso un’intera giornata di lavoro al progetto di bilanci aziendali perché i
miei compagni di gruppo mi hanno scritto solo su WhatsApp. Quando li ho trovati
per caso nel tardo pomeriggio, loro avevano quasi finito. Avrei voluto
esserci, avrei potuto esserci, ma semplicemente non lo sapevo. Bisogna
mettere in conto che perderemo gran parte delle cose organizzate all’ultimo
minuto, ma dopo un po’ impareremo ad organizzarci per tempo, e questo ha una
quantità enorme di benefici.
Vantaggi
Parliamo anche dei
vantaggi, le cose che ho trovato positive in quest’esperienza. La gente è vissuta
per un bel po’ di tempo senza cellulare, questo sembrerebbe supporre non solo che sia possibile, ma anche naturale.
Mi sembra di capire che la vita sia fatta per essere vissuta in modo semplice,
sembrerebbe che sia questo il segreto. E il cellulare è il più grande elemento
di complicazione di massa. Mette insieme così tante cose che è facilissimo
perdersi, quasi scontato, ci pone di fronte a possibilità incredibili, che richiedono scelte che non possiamo affrontare.
Non riesco più a
smettere di pensare è quanto tranquillo fossi in quei giorni. Vivevo la mia
vita con la calma più totale, non dovendo più fare i conti con ritmi
veloci e l’ansia di perdersi qualcosa. Perché sapevo già che qualcosa
sicuramente me lo stavo perdendo, ma il punto è che non potevo farci niente.
Capivo i miei limiti, e li accettavo.
Sei inevitabilmente in un
posto solo. Senza cellulare, le tue possibilità finiscono dove
arriva il tuo sguardo. A volte, la cosa più interessante da fare sarà
lanciare pigne contro un albero, altre volte, guardare le nuvole. E vi dirò,
tutto questo è bello.
Eliminando così tanti stimoli,
si arriva ad apprezzare anche le cose più insignificanti. Dopo una settimana
senza musica, mi sono sinceramente emozionato a pulire casa ascoltando Katy
Perry. Anche leggere e scrivere riacquista un certo fascino che credevo perduto.
Ho fatto molte più small
talks con gli sconosciuti in questi dieci giorni che nel resto della vita. Ho
scoperto di avere molto di più in comune con le persone di quanto pensassi.
E viceversa, si impara anche
a stare bene da soli, stare bene con noi stessi. Non avere questa enorme
via di fuga, non poter contattare così facilmente amici e cari, ci costringe a
guardarci dentro. L’evasione fa bene solo a piccole dosi, o rischia di risucchiarci.
Quando non si può più fuggire, bisogna accettare la situazione o cercare di cambiarla;
in entrambi i casi affrontarla ci avvicinerà a una soluzione.
“Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere” -Albus Silente
I tempi si allungano, ma vi assicuro che non farete meno cose, il contrario. Non è mai solo una questione di quanto tempo abbiamo, anche se questa è una convinzione molto radicata, ma piuttosto dell’uso che ne facciamo. Togliendo la maggiore fonte di distrazione saremo molto più concentrati; avendo più tempo per riflettere saremo molto più pronti. Il cellulare velocizza tante cose, ma paradossalmente ho avuto molto più tempo libero senza. Ce l’ho anche adesso, dato che non sono più tornato a utilizzare il cellulare con la frequenza di prima, e lo sto usando per scrivere questo blog.
In sostanza gran parte
del tempo sembra che venga misteriosamente risucchiato, senza
andare da nessuna parte di preciso.
E non solo il tempo, ma anche l’attenzione. Recentemente è uscito su Netflix un documentario molto interessante che si chiama “The social dilemma”
(https://www.netflix.com/title/81254224). Parla di come i social network siano costruiti per creare dipendenza e delle conseguenze sulla società. Sempre riguardo i social, ho trovato molto interessante questo video: https://www.youtube.com/watch?v=3E7hkPZ-HTk&ab_channel=TEDxTalks.
Si riscoprono i metodi precedenti di fare le cose. Per esempio, se non puoi cercare su Google le recensioni dei ristoranti, puoi sempre chiedere al tuo vicino Pino che vive lì da 70 anni ed è sempre felice di fare due chiacchiere.
C’è tanto tempo per riflettere.
Sulla vita e tutte cose come dicono i siciliani.
Soprattutto si capisce
di cosa si ha veramente bisogno. Quali sono quelle cose senza di cui non
riusciamo a vivere (clickbait: sono poche e non sono quelle che ti aspetti).
Insomma, si acquisisce
una nuova prospettiva sul mondo. Sarò scontato, ma è vero. Una
prospettiva molto più realistica e profonda.
Considerazioni
- Ogni persona che
incontro mi chiede esterrefatta come faccio a stare senza telefono, sinceramente perplessa, sembra sia
inimmaginabile.
- Mio padre continua a insistere che io l’aggiusti o ne compri uno nuovo. Le persone fanno di tutto per cercare di farmi riavere un telefono, come se gli stessi togliendo qualcosa di personale facendo altrimenti. Sono anzi quasi arrabbiate che io non abbia il cellulare, come se fosse una mia responsabilità mancata. Anche io lo sarei stato tempo indietro. Sto togliendo loro la possibilità di contattarmi in maniera immediata, li sto privando di una parte del loro potere, e se ne sentono derubati.
- Molti problemi la cui colpa davo al cellulare non sono scomparsi. Per esempio, l’essere concentrato quando studio, o organizzarmi. È più facile fare queste cose, certo, perché ci sono meno distrazioni, ma non potersi mai distrarre così bene forse aumenta il carico a lungo andare, o forse è solo questione di abitudini.
- Sono veramente pochissime le cose che non posso fare senza cellulare. Molte diventano più difficili o lunghe, ma se il cellulare di per sé non aggiungesse niente vorrebbe dire che non sarebbe propriamente utile, ma una pura comodità, e come tutte le comodità andrebbe trattato (con attenzione).
- È richiesta molta fiducia tra le persone per quanto riguarda orari, accordi e impegni presi. Ora capisco perché un tempo veniva attribuita tanta importanza alla parola data e all'onore.
- Senza la possibilità di una comunicazione immediata, gli altri dovranno comunque basare le loro decisioni su aspettative del tuo comportamento, e queste vengono derivate principalmente dalla ripetizione nel tempo. È fondamentale avere una routine e rispettarla, creare prevedibilità sia per noi che per gli altri.
- Tutte le situazioni che richiedono categoricamente un cellulare sono solitamente anche attrezzate per chi non ce l’ha. Perché se è vero che oggi è raro che qualcuno non ce l’abbia, può capitare che sia scarico.
Consigli
Nel remoto caso in cui qualcuno
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| "Non si riesce a scrivere mentre cammini" |
volesse fare lo stesso esperimento (che è super consigliato), vi lascio alcuni consigli che potrebbero essere utili:
- Utilizzare almeno il computer è necessario. Se non volete proprio rifugiarvi a vivere in un eremo, almeno le e-mail le dovete controllare.
- Alcuni oggetti sono indispensabili e vanno sempre portati con sé:
- Orologio (il Casio con sveglia e timer è fenomenale)
- Zaino
- Portafogli
- Penna e taccuino (senza di cui non sarebbe nato questo articolo)
- Programma della giornata (o almeno l'orario delle lezioni)
- Altri invece sono comunque consigliati:
- Kindle (o un libro normale: l’ultima frontiera contro i tempi morti)
- Chiavetta USB, che è il corrispondente del taccuino in versione digitale
- Mappa se pensate di perdervi
- Organizzati prima di uscire di casa. Non uscire senza sapere esattamente tutte le cose che dovrai fare prima di tornare, e controlla di avere tutto il necessario.
- Impara a memoria i numeri importanti. Qualcuno che ti presta un cellulare in caso di necessità c’è sempre.
- Manda sempre messaggi che non richiedono una conferma. Sai quando li mandi ma non sai quando potrai leggere la risposta, potrebbero passare molte ore. Non lasciare dubbi, sii chiaro e prevedi il più possibile.
Ho riparato il cellulare
Alla fine ho dovuto. Con mille scuse sono riuscito a rimandare per 10 giorni, ma oltre non era possibile. L’ho portato da un cinese di fronte alla stazione, e dopo un ora era pronto.
Appena l’ho ripreso in
mano, l’ho guardato e mi sono chiesto “Cosa devo farci adesso?” .
Non mi stava
mancando niente.
Per prima cosa ho risposto
a tutti i messaggi che mi erano arrivati nel frattempo per un totale di 38 chat
di WhatsApp e 5 di Instagram. Una volta finito mi sono reso conto di quanto la
cosa mi avesse reso agitato.
Ormai mi è chiaro che senza
cellulare si vive meglio. Lo ricomincio ad utilizzare solo perché fare
altrimenti, al giorno d’oggi, è una scelta di vita estrema. Ma questa
consapevolezza rimane.
Prima non vedevo l’ora
di finire i miei impegni per stare un po’ al cellulare, chattare e guardare Instagram, ora non vedo l’ora di
spegnerlo e metterlo via. Ci vuole tempo a cambiare le abitudini, ma se si
resiste abbastanza a lungo da vedere come si sta senza, la strada è in discesa.
Finita quest’esperienza
ho avuto una lunga chiamata con il mio amico Josef che mi aveva ispirato in primo
luogo.
Cosa mi è rimasto
Quello che sento di aver imparato alla fine, è che si può vivere anche con il cellulare. Ma sicuramente non è il modo migliore o il più naturale. Molti adattamenti sviluppati in questo periodo li ho mantenuti, perché mi sono reso conto che semplicemente mi fanno stare meglio.
Ho aperto gli occhi su
quale ruolo il cellulare realmente giochi nella nostra vita. Ho soppesato i
vantaggi e i danni, e ho deciso di porre delle forti limitazioni all’utilizzo di
questo.
Innanzitutto, ho
disattivato ogni sorta di notifica. Non c’è nessuna applicazione autorizzata
a venirmi a bussare e dire “aprimi”. Questo e altri interessantissimi consigli
su come rendere il cellulare meno aggressivo li ho letti qui: https://medium.com/better-humans/how-to-set-up-your-iphone-for-productivity-focus-and-your-own-longevity-bb27a68cc3d8 .
Come dice l’articolo, l’obiettivo
è rendere il cellulare uno strumento: ovvero qualcosa che ci aiuta nel momento
del bisogno, ma che per il resto del tempo rimane ad aspettare, non chiede
di essere utilizzato.
Ora spengo sempre il
cellulare dopo cena, e lo riaccendo all’ora di pranzo, così la sera posso
staccare, e la mattina dedicarmi completamente allo studio. A differenza di come credevo prima, ho capito che non è tanto una questione di tempo, quanto di attenzione. Controllare il cellulare per due minuti ogni ora o due non richiede una grande quantità di tempo, ma di attenzione sì. La testa non smetterà di pensare agli input ricevuti nel momento in cui mettete giù il cellulare. Parlare con altre persone farà sorgere pensieri, dubbi, programmi, riflessioni, che continueranno a occupare parte della nostra capacità cognitiva. Per questo è di fondamentale importanza non controllare i social: tutto il resto non è un problema, ma i social vanno categoricamente limitati nell'arco della giornata.
Ogni volta che ho
l’istinto di prendere il cellulare mi chiedo che cosa devo farci. Se non so
darmi una risposta, lo poso. L’abitudine di prenderlo per noia e aprire Instagram in
trance è dura a morire.
Limito l’utilizzo complessivo a
meno di un ora al giorno. Tre quarti del tempo di solito è Whatsapp e una
decina di minuti Instagram.
Lascio a casa il
cellulare quando esco per fare la spesa, per allenarmi o in tutti i casi in cui
so che non mi servirà.
Se posso chiederlo a
qualcuno invece che a Google lo faccio. Google può avere la ricetta delle
polpette più buone e salutari per 4 persone, ma preferisco sentire direttamente nonna.
Tutto quello che ho
imparato si può riassumere in questa frase:
Ogni organizzazione esterna abbastanza grande previene un'organizzazione interna.
La soluzione a questo è imparare a organizzarsi, darsi ordine e disciplina. Questo significa stabile un programma, una
linea di azione, un piano per qualsiasi cosa; e cercare di mantenerlo. Dare un
criterio alle proprie giornate, della prevedibilità, e non lasciarsi nelle mani
del caso. Non c’è un piano infallibile, ma non averne uno è una garanzia di
fallimento.
In conclusione, oggi non
si può vivere senza cellulare per lunghi periodi (non nella civiltà per
come la conosciamo), ma si può sicuramente limitarne l’uso e i danni. Fa
certamente molte cose positive, che altrimenti non sarebbero possibili, e apre
un mondo infinito di possibilità. Ma è anche pericoloso per le stesse ragioni.
La soluzione sta sempre
nel mezzo. Non dico di lanciarlo in mare. Basterebbe semplicemente, a volte,
spegnerlo e lasciarlo da una parte, mentre noi pensiamo solo a vivere la nostra
vita altrove.
P.S. Ho raccolto dati sull'utilizzo del cellulare nei mesi di Gennaio e Febbraio 2021 ed ecco il grafico che li descrive (si vede un andamento discendente).




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