giovedì 11 novembre 2021

Labasianesimo

 LABASIANESIMO

Cos’è il Labasianesimo?

Il Labasianiesimo è una corrente di pensiero sviluppata tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, in piena quarantena, da me e Giova chiusi in un ufficio. È stata molto influenzata dalle nostre esperienze e inclinazioni personali, dallo stoicismo (Seneca in particolare), dalla filosofia orientale, da Dale Carnegie, Alan Watts e Kaczynski.

Come è iniziato?

Il covid aveva bloccato il mondo, io avevo lasciato l’appartamento a Bologna per tornare a Castelbellino, ma quella casa mi stava stretta. Mi ricordai presto che c’era un piccolo ufficio, accanto a quello di mio padre, che non utilizzava nessuno: una sola stanza spaziosa con delle scrivanie al centro, un divano e una piccola cucinetta a muro. Per tutta la quarantena, da novembre 2020 a febbraio 2021, quel posto fu la mia casa. La nostra casa in realtà.

Il padre di Giova aveva un ufficio nell’edificio a fianco, ci vedevamo dalla finestra. Anche lui ogni tanto andava a studiare là. Avrebbe dovuto iniziare la magistrale in Germania ma era bloccato qua anche lui, per la prima in anni eravamo nella stessa città.

Da allora, tutti i giorni dal lunedì al sabato, ci trovavamo lì. C’era tutto quello che potesse mai servire: studiavamo lì, lavoravamo, ci cucinavamo il pranzo e il sabato sera ci proiettavamo i film sul muro. E ogni tanto alzavamo la testa, ci guardavamo e interrompevamo quello che stavamo facendo per discutere del mondo e il resto, per delle ore. Il mondo stava attraversando un momento terribile, ma per me è stato il periodo più bello della vita.

E in questa atmosfera stimolante, con il nostro continuo scambio di idee e sperimentazioni, alla fine siamo arrivati a convergere su una visione condivisa della vita, una serie di principi sul giuoco, come lo chiamavamo, e su come giocarlo. L’abbiamo chiamato “Labasianesimo” perché eravamo soliti chiamare l’ufficio “La Base”. Sono stati mesi di intense riflessioni (e qualche breakdown mentale) riguardo come il tutto dovesse funzionare e come utilizzare queste conoscenze per vivere meglio. Perché quando uno ha capito il giuoco

I principi

Proverò a spiegare di seguito il Labasianesimo attraverso l’analisi dei suoi principi fondamentali, con un minimo di contesto e le loro implementazioni pratiche, così come li abbiamo sviluppati durante quel periodo.

1)     La rinuncia 

L’estate precedente avevo fatto un viaggio in Sicilia che mi aveva cambiato molto. Da solo con lo zaino, senza sapere nemmeno dove avrei dormito. Un’avventura di questo tipo è per necessità profondamente scomoda e stressante. Ma così intensa che una volta tornato, presi tutte le singole cose che avevo trovato più scomode nel mio viaggio e, ad una ad una, le integrai nella mia normalità, come preparazione al prossimo viaggio. Rimossi tutto il non necessario e iniziai a fare le cose nel modo più scomodo possibile, e col tempo non potei che notare come la scomodità scompariva.

Giova allo stesso modo era da sempre un grande rinunciatore: tutto il superfluo è in eccesso. Una volta mi disse “Non compro un giubbetto invernale perché a casa è caldo, in biblioteca dove studio è caldo, e la distanza sono solo 5 minuti”.

Iniziammo a implementare questi principi nella Base: la semplificazione, la rimozione di tutto il possibile, l’abitudine alla scomodità. Mettevamo in dubbio la necessità di ogni cosa, e se si poteva rendere più scomoda lo facevamo.
A partire dalla cucina, dove tutto era organizzato perché il minor numero di ingredienti fornisse la massima gamma di possibilità. Pulivamo sempre con i metodi più arcaici, l’aspirapolvere era un lusso eccessivo. Entrambi iniziammo a farci solo docce fredde, e ne riscontrammo forti miglioramenti nell’umore. Cominciammo anche e soprattutto a fare a meno della tecnologia. Nel periodo più intenso di sperimentazione, tenevo il cellulare spento per almeno 18 ore consecutive al giorno e utilizzavo le candele per l’illuminazione notturna.

Abituandoci al minimo, tutto il resto risultava migliorato, per comparazione. E personalmente ogni cosa che toglievo, mi sentivo più libero e felice, di una felicità interiore e nuova. Molto di quello che facciamo in generale può essere semplificato, per ottimizzare tempo e risorse limitate. La comodità non è una di queste, più ne hai e più ne desideri, non ha un limite e non si soddisfa. Il tempo, i soldi, l’attenzione invece sì: il cuore di questo principio è scambiare queste ultime con la fatica e la scomodità, che non si esauriscono e una volta abituativisi non vengono nemmeno più percepite. Da allora la comodità non è più una variabile nelle mie decisioni.


2)    La P non la metti nel sacco

Per non snaturare questo principio sarò onesto: è nato parlando di ragazze. Giova era continuamente preoccupato per qualche questione amorosa, e una volta gli dissi di tranquillizzarsi, che tanto la P (sineddoche per le ragazze) non le poteva mettere nel sacco. Non letteralmente.
Il sacco è inteso come bagaglio personale: quello che ti porti dietro quando la vita va avanti. Pensare di riempire il sacco significa accumulare così tanto oggi di una cosa che ne avrai da portartene dietro per il futuro. Significa cercare di soddisfare un bisogno così a fondo da saziarlo per sempre. Ma non c’è una quantità di ragazze oggi che ti faccia mettere il cuore in pace per il resto della vita.
E il concetto si allarga a qualsiasi cosa. Non puoi mettere nemmeno la felicità nel sacco, ad esempio. Non importa quanto sei felice oggi, o depresso, domani è un giorno diverso: se c’è un sacco, dev’essere bucato. Questa sera il sacco si svuota e domani si ricomincia da capo.
Pertanto, non serve correre: basta riempire il tuo sacco quel tanto che basta per oggi, che il di più è sprecato. Non ha senso affannarsi per cercare di risolvere oggi tutti i problemi del futuro, ci sono equilibri che non possono essere sistemati una volta per tutte, ma necessitano di impegno quotidiano. E una volta che limiti le tue preoccupazioni ad oggi, non sono mai così grandi come sembravano. Dale Carnegie parlava di vivere in compartimenti stagni di 24 ore, e ad oggi è il consiglio più utile che ho mai ricevuto.

3)    La vita è facile

In quel periodo passavo molto tempo con mia nonna, la guardavo cucinare e le chiedevo consigli per imparare. Sotto le mie domande incalzanti, presto mi resi conto che era un’arte molto meno precisa di quanto credessi: le sue ricette erano piene di approssimazioni, movimenti grossolani, procedure dogmatiche.
 Giova aveva sempre detto di non dedicarsi alla cucina perché secondo lui era una cosa così facile che avrebbe potuto imparare in qualsiasi momento. Dovevamo a questo punto per forza mettere questa teoria alla prova.

Abbiamo iniziato a cucinare ogni giorno, ricette sempre più complicate: continuavano a venire sempre bene, non importava cosa sbagliassimo o quanto tempo stesse sul fuoco. Un giorno esasperati ci siamo detti: “mettiamo insieme gli ingredienti più strani che ci vengono in mente e vediamo se almeno così viene male”. Risotto con carote, uova crude e formaggio: non c’era nessuna possibilità che potesse essere mangiabile. Senza nemmeno seguire una ricetta, perché non ne esistevano.
Ebbene: fu il risotto migliore che avessimo mai mangiato. Eravamo esterrefatti ed euforici insieme per questa nuova scoperta.
Era stata bravura? Neanche lontanamente. A quanto pare, in cucina, una volta appresi i concetti di base, la gran parte del lavoro l’hai già fatto. Il risultato risulta come una gaussiana, con la ricetta giusta nella media: è incredibilmente difficile finire in una coda.

Scoprimmo che questa medesima facilità è valida per molti altri ambiti, e arrivammo in fine a dire che la vita stessa, fosse facile.
Per definizione qualcosa che devono saper fare tutti non può essere difficile, la società si è sviluppata intorno a questo. Tutto quello che è necessario, deve essere facile, e quello che è difficile non può essere necessario. Non è un invito a non impegnarsi, ma una rassicurazione che quello che saremo tenuti a fare, saremo in grado di farlo. Non c’è errore che non si corregga, o problema che non si risolva. Basta guardare ai problemi con leggerezza per vederli già sgonfiare. È una cosa che cerco di ricordarmi spesso, perché è facile essere tratti in inganno. La vita è facile.


4)    Non confrontare

Questo principio del Labasianesimo lo dobbiamo esclusivamente a Giova, che in quel periodo stava leggendo Alan Watts e non si tratteneva dal citarlo infinite volte al giorno. Non ho ancora letto il libro così importante per il nostro pensiero, per cui sarò necessariamente breve. Sembra che giri intorno al concetto ricorrente di non confrontare: non confrontare te stesso con gli altri, non confrontare quello che hai con quello che potresti avere, non confrontare la realtà con scenari immaginari. Concentrati solo sul qui e ora e non guardare altrove. E in questo modo sarai sempre sereno.

 

5)    La vita come una partita a scacchi


Durante il periodo della base abbiamo iniziato a giocare a scacchi (come tutto il mondo) dopo aver visto The Queen’s Gambit. Leggevamo un libro di teoria scacchistica e giocavamo quasi ogni giorno.
È durato alcuni mesi, poi non li abbiamo più toccati. Ma quello che ci è rimasto è un principio della teoria elementare degli scacchi, come riportato dal libro su cui studiavamo: non devi avere tutta la strategia in mente all’inizio della partita, fai semplicemente le mosse che ti aprono più possibilità e le tattiche si mostreranno a te da sole.
Ecco, penso che la vita anche debba essere vissuta così: senza cercare di sapere dove saremo tra 10 anni, perché non è il momento giusto per deciderlo (se mai si può dire di deciderlo), ma piuttosto concentrandosi nell’aprire il maggior numero di strade possibili oggi. Richiama in parte il principio 2, invita a focalizzarsi su quello che possiamo cambiare adesso e a lasciare andare la falsa speranza di controllare il futuro.

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